Per l'edizione 2011 "Una vita per l'Arte" domenica 30 ottobre 2011 presso la Pinacoteca Comunale d'Arte Contemporanea "Giovanni da Gaeta", in Via De Lieto 2, Gaeta, è stato consegnato l'alto riconoscimento a Mario Persico: protagonista dell'arte napoletana e nazionale del Novecento e raffinato intellettuale ha ricevuto la statuetta raffigurante Giovanni da Gaeta appositamente realizzata da Erasmo Vaudo. Presentazione di Giorgio Agnisola.
Il premio, istituito dall'Associazione Culturale Novecento e dal Comune di Gaeta è giunto alla ottava edizione ed ha visto negli ultimi tre anni vincitori personaggi dell'Arte come Giancarlo Isola, Ennio Calabria e Andrea Sparaco.
L'OCCHIO E LE TENTAZIONI DELL'INCONSCIO
Lettura di Mario Persico
Il motivo fondante dell'arte di Mario Persico, uno dei maggiori artisti del dopoguerra italiano, colto lungo l'intero percorso della sua opera, risiede senza dubbio nella sua fantasia metamorfica in chiave antropomorfa: una fantasia però sostenuta sempre da una forte lucidità rappresentativa. Anche quando l'artista resta nel piano di un'espressione lineare, il suo segno non è mai puramente astratto o fantastico, ma implica e annette una ragione più o meno esplicitamente narrativa e concettuale. Una ragione cui non è estraneo un fine intento trascrittivo di sé: una sorta di sotteso, ironico ma anche pensoso diario d'anima.
Il punto di partenza della sua arte sembra essere dunque una sorta di visionarietà controllata, incline all'antropizzazione di informali contesti scenografici, caratterizzati da una viva polisemia espressiva e cromatica. I materiali e le tecniche sono misti: l'artista ha utilizzato nel corso degli anni tanto la pittura che l'assemblaggio che il collage, facendo ricorso a tecnologie tradizionali ma anche a procedimenti personali. Gli esiti sono in genere rappresentazioni di uno spazio irreale, capaci di risvegliare il corpo profondo delle emozioni: luoghi della memoria e dell'inconscio, da cui emergono forme mostruose e immaginarie.
Non si tratta in definitiva di fantasmi, ma di creature vive e silenziose, il cui sguardo ci interroga, spesso con piglio curioso e divertito.
Sembra implicita nell'arte di Persico una spinta ludica. Pure l'artista non è mai evasivo, inclina piuttosto al sentire filosofico ed esistenziale. Sembra cercare nello scenario delle sue rappresentazioni fantastiche e provocatorie un senso nascosto e misterioso della vita.
Quest'ultima intuizione va approfondita. Facendo un cammino a ritroso, partendo da alcune opere significative e diremmo centrali del suo percorso artistico, per esempio da "L'atelier di G.Courbet" del 1983 (opera che segna non già un punto di svolta ma di chiarificazione in prospettiva del suo lavoro: opera apparentemente onirica, in realtà lucidamente metaforizzata, senza tuttavia tradire lo spirito originario del maestro francese e la sua tensione al dato descrittivo e analitico), è possibile rileggere le opere di Persico come in controcanto; quella sintesi "miracolosa" di una tensione immaginativa e ricreativa per un verso, tesa al recupero di primigeni fantasmi che animano il profondo dell'esistenza, e per l'altro di razionale controllo di questa espansività psicologica ed emozionale potrebbe avere il senso di una necessità di comporre coscienza individuale e prospettiva sociale. E' un'ipotesi che sembra verificata dalla fisionomia complessa della sua opera e che analizzeremo rapidamente ripercorrendo a grandi linee il suo percorso artistico.
Nelle prime prove degli anni Cinquanta è una linea avvolgente che delinea la figura. Nei successivi affondi nuclearisti (siamo negli anni della adesione di Persico al movimento promosso da Enrico Baj) la materia non si perde in pure espressioni informali, ma è giocata sulla ambiguità visiva tra interno ed esterno e rivela una tensione psicologica che sarà una nota costante dell'arte del maestro campano. Si consideri ad esempio l'opera "Testa", del 1956: la forma ha una sua autonomia e libertà di cromatismi e di segno, eppure sembra definire la fisionomia di un volto pensoso, insieme fragile e solenne. A caratterizzarlo sono gli occhi o almeno quelli che possono dirsi tali. Non a caso la produzione di Persico è spesso un moltiplicarsi di occhi, che fanno da contrappunto tra un "dentro" e un "fuori", sono una cerniera mentale e lirica, uno spazio in cui convergono i mostri dell'inconscio e ne vengono in qualche modo esorcizzati. In "Paesaggio dell'occhio", del 1956, le forme filiformi emergono evanescenti dal vitreo e solo nel momento di valicare la pupilla, prendono consistenza, si materializzano. Nei primi anni Sessanta sopravviene nell'arte di Persico il guizzo dell'ironia. Pensiamo al "Solista innamorato" del 1962 e ad "Attori tragici" dello stesso anno. Lo spazio si direbbe notturno, i personaggi sono composti come in un proscenio, seppure "mostruosi" paiono marionette simpatiche e divertenti, non evocano contesti drammatici. Eppure a leggerle più attentamente le opere sono assemblate con particolari anche minimi e contengono riferimenti alla realtà quotidiana.
Di qui in poi l'artista apre all'assemblaggio di oggetti e forme anche rilevate. La loro struttura acquista una consistenza più oggettuale, più mentale. La stessa ironia ha risvolti socio-psicologici e si delinea come ragione politica. Pensiamo alla "Gru erotogaie" del 1972, e agli "Oggetti interminabili", opere destinate anche a spazi esterni e pubblici, in cui l'artista carica di significato tanto l'aspetto meccanico dei lavori quanto quello psicologico. Nel frattempo si fa più implicito un intento decostruttivo della realtà.
Va poi sottolineato l'interesse dell'artista verso l'analisi di meccanismi e congegni. Le opere realizzate in questi anni sono vere costruzioni, con un minimo di funzionalità, precise, ordinate. Pure non appaiono macchinose, anzi sono segnate da una finissima levità. Pensiamo alle "Prese d'amore", giochi della intelligenza sensitiva che interpretano visivamente situazioni psicologiche caratteristiche del rapporto dualistico.
Quella capacità visionaria che recupera dal fondo di una fantasia metamorfica sagome antropomorfe, percepite come visioni dell'inconscio e della memoria, e altresì del gioco intellettuale, si rassoda negli anni successivi fino a implicare, come si è accennato, citazioni e riletture di opere del passato: una sorta di anamnesi storica del proprio vissuto culturale e spirituale, come in alcuni lavori degli anni Ottanta, primo tra tutti l'opera citata "L'atelier di Courbet", del 1983. E' qui che accade il corto-circuito del linguaggio di Persico. La memoria non è mai statica, implica sempre un doppio cammino, all'indietro e in avanti. C'è indubbiamente il recupero del passato, ci sono i ricordi della personale vicenda umana, anche infantile, ma c'è sempre un'ansia che riguarda il presente, cui si lega una volontà razionale, ordinatrice. I suoi omaggi a Courbet, maestro di cui l'artista ammira l'esercizio tecnico, la grande sapienza analitica e formale, sono esattamente questo: il bisogno di riassestare il proprio tempo interiore e le pulsioni che lo agitano. Per far questo l'artista non si affida ad una sorta di psicanalisi dell'esperienza creativa, non esplora la memoria feudianamente, né per converso contrappone allo sguardo retroattivo un razionalismo espressivo. Persico sceglie piuttosto la concentrazione visiva, il controllo del proprio intuito, la disciplina formale. Egli si impone di restare all'interno di una traccia visiva, quella dell'opera di un grande e amato maestro, e di intervenire su di essa, provando a rielaborarla con la propria scrittura visiva. Non si tratta dunque di parodiare Courbet, ma di partire dal maestro per interpretarlo all'interno di un cammino d'anima. Insomma di rifondare lo sguardo.
Questo esercizio, durato alcuni anni, risulta fondamentale per la chiarificazione del suo stesso linguaggio. Ed è significativo che ciò accada quando densa si fa l'adesione dell'artista partenopeo alla filosofia patafisica "La scienza delle soluzioni immaginarie" (Alfred Jarry).
Anche per questo il successivo periodo appare più sciolto, più libero (si pensi, per citare, a "Cattedrali dell'amore", del 1986). L'artista non perde la cifra demistificatrice e talora corrosiva nei riguardi ad esempio delle tecniche e delle sue tentazioni sistemiche, ma assume anche una pronuncia più saggia, persino più gaia.
A fronte di una sorta di delusione che l'artista registra nel profondo, soprattutto per la mancanza di un riscatto morale dell'arte partenopea, il successivo e recente ritorno alla figura come esemplarità individuale si accompagna ad una sopraesposizione dei particolari. Il taglio finemente erotico di alcune opere apre lo sguardo su di una realtà comunque misteriosa ma intrigante, persino divertita. Le "mostruosità" sono assorbite da una estrosità inventiva che annette un segno caricaturale. Siamo in qualche modo lontani dai mostri del passato. O forse quei mostri sono stati finalmente addomesticati.
Giorgio Agnisola
I Mazzella, una famiglia d'artisti
Il 4 dicembre 2011 presso la Pinacoteca Comunale d'Arte Contemporanea "Giovanni da Gaeta", si è inaugurata la mostra temporanea aperta fino al 4 marzo 2012 Rosario, Luigi, Elio Mazzella: una famiglia d'artisti nel dopoguerra italiano a cura di Giorgio Agnisola e Giuliana Albano su progetto, organizzazione e allestimento dell'Associazione Culturale Novecento.
La presente mostra - come spiega Giorgio Agnisola - più che puntare ad una ricognizione storica del loro lavoro vuole evidenziare la coralità del loro impegno, del tutto significativo nel quadro dell'arte del dopoguerra italiano, e coglierne il segno fondante in una sia pure essenziale documentazione comparata. Di famiglie di artisti il Novecento registra esempi straordinari: i Giacometti, i Savinio, i Cascella, i Pomodoro. I fratelli Mazzella, Rosario Luigi ed Elio, famiglia d'artisti radicata nel difficile territorio partenopeo, da cui pure traggono spunto per alimentare per mediate vie dello spirito e del senso la loro intima ricerca, hanno sempre operato autonomamente.
Forse - secondo Giuliana Albano - sono proprio le suggestioni e gli umori della città a suscitare in loro le prime impressioni, traslate nella metafora, testimonianze mute ma pensanti di un costume, di una civiltà, di una storia.
In mostra circa 60 opere tra pitture, sculture ed installazioni.
Creatività, magia e spiritualità dell'arte africana
Influenze sull'arte occidentale del XX secolo 12 febbraio - 12 aprile 2012 Pinacoteca Comunale d'Arte Contemporanea "Giovanni da Gaeta"
Interventi critici di Giorgio Agnisola e Giuliana Albano hanno accompagnato i visitatori in un viaggio affascinante tra le tribù africane attraverso le 140 maschere esposte svelando i rituali, i costumi e la capacità di imprigionare gli spiriti nelle loro raffigurazioni che pur non nascendo per essere opere d'Arte lo diventano. La mostra ha anche la finalità di portare all'attenzione del pubblico le influenze sull'Arte occidentale, in particolare agli inizi del XX Secolo, da parte di un' arte definita "primitiva", considerata per secoli mero fatto di folklore e semplice testimonianza delle tradizioni del continente dove, non dimentichiamo, è nato l'homo sapiens. Il tutto impreziosito dall'esibizione del noto percussionista Karl Potter insieme con il Ventotene Percussion Group, il chitarrista Roberto Genovesi e Francesca Rasi.
In Natura. Installazioni nel Parco di Villa Fogliano
Curata da Giorgio Agnisola e Giuliana Albano e in programma
2 - 31 luglio
La quinta edizione della ormai nota rassegna di installazioni a Villa si è focalizzata sull'idea dell'intervento in natura: opere che interpretino liberamente il tema facendo ricorso ai fenomeni, agli spazi fisici, agli indizi naturali, dalle manifestazioni atmosferiche, come il vento e la pioggia, agli effetti della luce e delle ombre, ai rumori e ai suoni. L'esposizione promossa dalla Associazione Foglianoarte, con il patrocinio della Provincia di Latina, del Comune di Latina e dell'Ente Parco Nazionale del Circeo, in collaborazione con l'Ufficio Territoriale Biodiversità del Corpo Forestale dello Stato.
Gli artisti:
Lino Alviani, Franca Bernardi-Marcello Rossetti, Franco Bianchi, GiovanBattista Bianchi, Maria Grazia Carriero, Giacomo Cavina, Ezio Colosimo, Michele D'Alterio, Mimmo Di Laora, Gabriella Di Trani, Fernando Falconi, Emilia Isabella, Loredana Manciati, Venanzio Manciocchi, Francesco Martelli, Andrea Martone, Claudia Mazzitelli, Elena Nonnis, Rinaldo Paletti, Alessandro Parisi, Michele Peri, Giusy Piscopo, Giovanni Reffo, Rosella Restante, Luciano Rubini, Andrea Stenico, Alberto Timossi, Ilia Tufano, Mario Velocci.
Nel corso della XIII settimana della cultura del Ministero dei Beni e le Attività Culturali il Centro culturale Il Pilastro in collaborazione con l’Ufficio archeologico del Museo e l’associazione Extra Moenia, ha inaugurato presso il Museo Archeologico dell’Antica Capua di Santa Maria Capua Vetere, la rassegna d’arte: Nel segno del toro: da Mithra ad Europa. La mostra - 10 aprile-30 giugno 2011- ideata da Gennaro Stanislao e curata da Giorgio Agnisola e Giuliana Albano e da Enzo Battarra e Luigi Fusco.75 artisti provenienti dalla Campania e dal Lazio hanno realizzato in piena autonomia espressiva pitture, sculture e installazioni tutte incentrate sul mito di Europa e ciò per valorizzare l’importante monumento del Mitreo esistente in Santa Maria Capua Vetere.
Gli artisti:
Albano, Alessio, Alviani, Arionte, Balatresi, Barisani, Gb. Bianchi, Bonsangue, A.M.Bova, R. Bova, Bozzaotra, Caccavale, Capone, Carriero, Coppola, F. Crescenzi, D’Alterio, De Cunzo, Della Ventura, De Vivo, Di Fiore, Di Grazia, Di Laora, Di Ruggiero, Di Trani, Donzelli, Dorazio, Elefante, D. Errico, V.Errico, Falconi, Ferrigno, Fiore, Fortunato, Giacobone, Giovine, Guariglia, Izzo, Isabella, Maltempo, Manciati-Reffo, Manciocchi, Mancino, Marello, Massa, Martone, Merola, Milo, Montano, Napolitano, N. Pagano, E Pagano, Palladino, Panaro, Parisi, Pergreffi, Peri, Petrella, Petrone, Pollidori, Ravo, Restante, Rossetti, Rossi, Santinelli, Santonastaso, Savino, Sparaco, Squillante, Stefanucci, Stoccuto, Timossi, Toscano, Tufano, Velocci.
CriticArte, allegato di Artepresente, è un foglio online del laboratorio di ricerca Artepresente, che si occupa principalmente di critica d'arte contemporanea. Il laboratorio si occupa oltre che di critica d'arte anche di ricerca storico-artistica e di didattica dell'arte. Indirizzi particolari riguardano il rapporto tra Arte e Psicologia e tra Arte e Sacro. A proposito di quest'ultimo ambito, il laboratorio indaga specificamente l'Arte Sacra Contemporanea e la sua collocazione nei luoghi di culto con il progetto Arteinchiesa. Tra le iniziative del laboratorio gli Incontri Internazioni di Critica d'Arte.
Giorgio Agnisolagagnisola@libero.it. Critico d'arte, giornalista, saggista. Insegna Arte Sacra presso la Pontificia Facoltà Teologica dell'Italia Meridionale, sez. San Luigi, presso cui è condirettore della Scuola di Alta Formazione di Arte e Teologia. Collabora da molti anni alle pagine culturali del quotidiano "Avvenire" e in particolare alla pagina "Arte" e al supplemento mensile di itinerari, arte e cultura "Luoghi dell'infinito". Ha operato a lungo come consulente d'arte moderna e contemporanea presso i Paesi francofoni d'Europa. Ha scritto numerosi libri. Tra gli ultimi, Viaggio nell'opera, vedere e sentire l'arte, Moretti & Vitali 2005, La pietra e l'angelo, Guida 2007, L'oltranza dello sguardo, Il pozzo di Giacobbe 2010. E' membro dell'Associazione Internazionale Critici d'Arte e della Société Internationale de Psychopathologie de l'expression.
Giuliana Albanoalbano.giuliana@libero.it. Storica dell'arte e critico d'arte. Collabora dal 2009 come corrispondente dalla Campania del "Il Giornale dell'Arte" e inoltre scrive per la rivista online Artepresente. Pubblica interventi su cataloghi, riviste, libri in particolare sull'arte moderna e contemporanea; ha partecipato all'organizzazione e alla ricerca scientifica di numerose mostre. Collabora con la Soprintendenza per i Beni Architettonici di Napoli e Provincia e dal 2007 con la Soprintendenza Archivistica per la Campania come archivista. Insegna Iconografia Sacra Contemporanea presso la Scuola di Alta Formazione di Arte e Teologia presso la Pontificia Facoltà Teologica dell'Italia Meridionale, sezione S. Luigi.
Mary Attentom.atten@tin.it. Giornalista professionista dal 1998, è stata redattrice di emittenti televisive, periodici e quotidiani e collaboratrice del Mattino. Attualmente è direttore responsabile della rivista di lettere e arti, società e comunicazione Artepresente e coordinatrice redazionale del periodico nazionale Guida ai libri.
Da oltre dieci anni si occupa di rapporti con la stampa nel settore culturale e medico-sanitario, ma anche nel campo politico, economico-sociale, turistico e ambientale. Dal 2003 - escluso un breve periodo - è responsabile Comunicazione della Casa di cura "San Michele" di Maddaloni (CE). Parallele agli incarichi di uffici stampa e relazioni pubbliche, l'attività di relatore a incontri culturali e scientifici anche di respiro nazionale.
Altro luogo di impegno è l'editoria, che la porta a fondare e amministrare una casa editrice a Caserta nel 1999. Successivamente passa, con l'incarico di responsabile della sigla Lettere Italiane, al gruppo editoriale e librario Guida.
È docente nel settore comunicazione/giornalismo ed editoria. È impegnata nel sociale e nella vita associazionistica.
Michele D'Alteriodharma@dharma.it, nato a Caserta, si è diplomato nel 1990 all'Accademia di Belle Arti di Napoli sotto la guida del Maestro Armando De Stefano.
Svolge attività di insegnamento in scuole pubbliche e presso enti privati della provincia di Caserta nelle materie Discipline Grafiche e Pittoriche e Computer Grafica.
Si occupa, oltre che di pittura, di grafica, illustrazione, web design, fotografia, video e multimedialità. Nel 1998 ha creato a Caserta lo Studio Dharma dove opera come grafico creativo.
Nel 1996 ha partecipato come illustratore alle selezioni della Mostra del Libro per ragazzi di Bologna.
Dal 2003 la sua produzione pittorica si fa più corposa, anche attraverso una intensa sperimentazione sui materiali.